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- La psicologia della matita

Quando si pensa allo scrivere, si guarda sempre alla penna, che sia una biro, una stilografica, o la più antica e raffinatissima penna d'oca; esiste però, una buona parte di persone, che amano di più scrivere con la matita. Sembra una sciocchezza, ma tra le dita, questo strumento assume un significato determinante per chi lo utilizza.
Prima di tutto la matita ha un grandissimo vantaggio, scrive anche se tenuta orizzontale o capovolta, e se non la si preme eccessivamente sul foglio, è possibile interamente cancellarla. Questi possono sembrare elementi sciocchi, ma in realtà risultano essere delle versatilità, che chi scrive non potrebbe "gustare" se utilizzasse una penna. 
In più la cancellabilità del tratto testimonia come la matita, risulti assente di per sé, dei tratti di aggressività e di definitività propri di uno strumento scrittorio permanente. 
La mente di chi scrive a matita, non è finalizzata all'autoaffermazione e/o al narcisismo, bensì risulta essere una mente concreta, che si rende conto e comprende la provvisorietà dell'individuo e della sua esistenza. I sentimenti che animano lo scrivente a matita, sono generalmente modesti e comprensivi, capaci di capire che l'esistenza è in divenire, che si affronta a piccoli passi, parola dopo parola, anche attraverso rivisitazioni, cancellature e rifacimenti.
Si tenga presente che chi scrive a matita, per poter rendere efficiente il suo strumento di scrittura, ha la necessità di "prendersene cura". La matita va temperata, volendo anche da entrambi i lati, per permettere un risparmio di tempo in chi scrive, dando la possibilità di aumentale la velocità di scrittura.
La matita, per finire, diventa minuscola nelle mani di chi la usa, un mozzicone che giunge al punto di non essere più utilizzabile; è questo suo visibile e graduale consumarsi, che la fa sembrare più "umana", rendendola più vicina a quello che è il logorio dell'uomo lungo l'arco della vita.

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