Arrivati al periodo greco/romano, abbiamo la possibilità di capire come la scrittura, se da un lato è atta a seguire un normale processo di sviluppo (come tante altre importanti innovazioni per l'umanità), dall'altro lato non è esente da pareri contrari anche da parte di nomi illustri come Platone.
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Chiaro esempio è senza dubbio il "Fedro", opera in cui Platone rivendica come unico mezzo di esplicazione della sua arte, l'oralità. La motivazione espressa a sostegno di questa tesi è la necessità dell'interscambio fra gli interlocutori nel dialogo, in quanto, secondo Platone, non avrebbero risposta i dubbi sorti a colui che si limita a leggere un testo. |
Ma Platone cerca di andare più a fondo nel "problema" scrittura, sostenendo che, chiunque potrebbe essere in grado di prendere in mano un libro, ma chi veramente avrebbe la capacità fino in fondo di riuscire a capirne i contenuti?!
L'arte filosofica e dell'oratoria in generale invece, sarebbe un bene prezioso e solo il filosofo stesso avrebbe il diritto/dovere di decidere e scegliere l'individuo più adatto a cui tramandarla (perché reputato in grado di recepirla).
La scrittura, quindi, viene vista solo come mnemotecnica, un modo cioè per ricordare ma non per CREARE memoria. Si tende a paragonare lo scritto al dipinto, i paesaggi sembrano vivi sì, ma non lo sono affatto nella realtà.
Comunque al di là di tutto, questo tipo di atteggiamento rispetto all'innovazione scrittura, era ben diffuso all'epoca, ne è una ulteriore dimostrazione il confronto che i greci facevano tra la scrittura ed i Giardini di Adone!!