Il celtiberico (detto anche Ispano-celtico) è una lingua ormai estinta, parlata dai Celtiberi nella penisola iberica centrale, prima e durante i primi secoli della dominazione romana.
Poco rimane di questo antico linguaggio, che è arrivato fino a noi grazie all'attestazione in alcuni toponimi pre-romani (che sopravvisero abbastanza per essere registrati nei documenti ufficiali), nelle formule usate per i nomi personali (che ci danno qualche indizio sulla grammatica) e in alcune iscrizioni su placche di bronzo e di piombo. Ciò che è rimasto è comunque sufficiente per capire che il Celtiberico era una lingua "mista", cioè a metà fra la una lingua celtica (come il Goidelico) e non (come il Gallico).
Come le altre scritture paleo-ispaniche, l'alfabeto celtiberico si componeva di segni rappresentanti vocali, consonanti e suoni sillabici.
Questo tipo di scrittura si diffuse in particolare nella massima parte delle attuali province Guadalajara, Soria, Zaragoza e Teruel, sopravvivendo, durante la dominazione romana, fino a tarda età repubblicana, come ci è testimoniato dai bronzi di Botorrita (località dell'attuale Aragona).
Questi ultimi non sono altro che placche bronzee redatte in celtiberico, la cui peculiarità maggiore dal punto di vista linguistico, è legata alla presenza, da un lato dei tratti caratteristici e comuni a tutte le lingue celtiche (la perdita di /p/ a inizio parola, le alterazioni vocaliche, la vocalizzazione in /ri/ della /r/ vocalica, l'esito in sonore delle cosiddette "sonore aspirate" dell'indoeuropeo), ma dall'altro degli elementi esclusivi, interpretati generalmente come arcaismi (le lingue celtiche insulari, quelle di più ampia attestazione, sono tutte infatti cronologicamente di molto posteriori alle continentali).