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- Grafologia ed etnie - Il Latino

Potevamo dimenticarci del Latino?!
Se da un lato l'antichità annovera la raffinata Grecia, con la sua arte ed il suo intelletto; dall'altro non si può non menzionare la vitalità e la concretezza propri della "romanità".
Parlando del mondo romano potremmo fare mille richiami e citazioni, sarebbe insomma tutto troppo lungo, per cui direi di passare subito alla scrittura. Il parallelismo della stessa ricorda molto le formazioni militari che tanto hanno reso famoso l'esercito romano. E come l'esercito romano si fece strada tra popoli e territori sconfinati, così fece la scrittura di Roma.
Quella della scrittura latina e quindi quella del suo alfabeto, è una storia che meriterebbe molto spazio, data la grandissima importanza culturale che riveste per l'intero occidente e non, ma per dare l'idea ....

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- Cosa usi per scrivere?

Non riflettiamo mai su cosa usiamo per scrivere, forse perché ci è ormai estremamente familiare l'uso della biro, però non sempre le cose sono così "semplici".
Per molti di noi, usare una stilografica, una penna a sfera, piuttosto che un pennarello o, addirittura, una matita, non è la stessa cosa. E non per pure ragioni estetiche!
Se c’è chi da un lato, sceglie una bella carta ed una bella penna per scrivere e chi, dall’altro, non dà alcun significato a questi elementi, sicuramente è perché esiste un motivo, un’esigenza profonda , che non sempre chi scrive riesce ad individuare.
In realtà la scrittura è una nostra proiezione, quindi noi rispondiamo non solo di ciò che scriviamo (contenutisticamente parlando), ma anche di come lo facciamo, sia verso di noi (il nostro cervello rielabora l’immagine dello scritto che realizziamo facendoci provare una sensazione più o meno positiva), sia verso gli altri.
Psicologicamente chi ama utilizzare la penna stilografica apprezza la differenziazione della pressione, la modulazione del tracciato, che la stessa consente. Oltre ad un risultato estetico rilevante, si tratta di inquadrare anche un elemento emozionale molto forte, perché l’irregolarità del chiaro-scuro dell’inchiostro, rivela la vibrazione interiore, lo stato d’animo, la tensione, l’abbandono, la fatica … chi verga i suoi scritti con la stilografica, è aperto verso la sua affettività, non ha paura di entrare in contatto con essa, ma anzi, gli riserva uno spazio importante, e la trasmette agli altri.
Chi preferisce la penna a sfera invece, tende a velare tutta una serie di implicazioni e di sfumature emotive: tende a privilegiare l’azione, la praticità e l’efficienza, piuttosto l’affettività. Del resto la penna a sfera è stata creata con questo scopo ed è anche vero che ad oggi, è forse lo strumento più utilizzato per la scrittura, vista la sua praticità (quindi psicologicamente il profilo di quanti utilizzano questo strumento, è evidentemente traviato dagli usi attuali, se è vero che ogni tempo ha il suo strumento scrittorio!).
Il pennarello solitamente viene ricondotto ai bambini e non si pensa che molti lo scelgono invece per la scrittura. Essendo dotato di una punta in fibra, non permette, né richiede, una forte pressione: produce un tratto denso, pastoso, dalla trama consistente ed assolutamente regolare, uniforme, priva di chiaro-scuro. E’ la scelta di chi punta sull’effetto estetico, su chi ama riflettere se stesso sulla pagina come su di uno specchio, rimanendo ad una comunicazione superficiale. Se comunque, il pennarello dovesse avere la punta sottile, saremmo di fronte a persone autonome, più mentali che sensoriali, che badano all’essenziale e non desiderano eccessivi coinvolgimenti personali. Insomma il pennarello è uno strumento che permette di scivolare sul foglio senza modulare la pressione, rimanendo per così dire in superficie, ma lasciando comunque una traccia nitida e sufficientemente incisiva.
Ci sono poi alcune persone che amano scrivere a matita, solitamente con una mina tenera. La matita non ha l’elasticità della stilografica, ma è duttile e morbida, si sceglie solitamente per la sua delicatezza e per essere uno strumento mai definitivo. La prediligono i temperamenti versatili, sensibili, talvolta un po’ sfuggenti, a disagio nei confronti delle scelte troppo nette e delle responsabilità troppo gravose.
orse perché ci è ormai estremamente familiare l'uso della biro, però non sempre le cose sono così "semplici".
Per molti di noi, usare una stilografica, una penna a sfera, piuttosto che un pennarello o, addirittura, una matita, non è la stessa cosa. E non per pure ragioni estetiche! Se c’è chi da un lato, sceglie una bella carta ed una bella penna per scrivere e chi, dall’altro, non dà alcun significato a questi elementi, sicuramente è perché esiste un motivo, un’esigenza profonda , che non sempre chi scrive riesce ad individuare.
In realtà la scrittura è una nostra proiezione, quindi noi rispondiamo non solo di ciò che scriviamo (contenutisticamente parlando), ma anche di come lo facciamo, sia verso di noi (il nostro cervello rielabora l’immagine dello scritto che realizziamo facendoci provare una sensazione più o meno positiva), sia verso gli altri.
Psicologicamente chi ama utilizzare la penna stilografica apprezza la differenziazione della pressione, la modulazione del tracciato, che la stessa consente. Oltre ad un risultato estetico rilevante, si tratta di inquadrare anche un elemento emozionale molto forte, perché l’irregolarità del chiaro-scuro dell’inchiostro, rivela la vibrazione interiore, lo stato d’animo, la tensione, l’abbandono, la fatica … chi verga i suoi scritti con la stilografica, è aperto verso la sua affettività, non ha paura di entrare in contatto con essa, ma anzi, gli riserva uno spazio importante, e la trasmette agli altri.
Chi preferisce la penna a sfera invece, tende a velare tutta una serie di implicazioni e di sfumature emotive: tende a privilegiare l’azione, la praticità e l’efficienza, piuttosto l’affettività. Del resto la penna a sfera è stata creata con questo scopo ed è anche vero che ad oggi, è forse lo strumento più utilizzato per la scrittura, vista la sua praticità (quindi psicologicamente il profilo di quanti utilizzano questo strumento, è evidentemente traviato dagli usi attuali, se è vero che ogni tempo ha il suo strumento scrittorio!).
Il pennarello solitamente viene ricondotto ai bambini e non si pensa che molti lo scelgono invece per la scrittura. Essendo dotato di una punta in fibra, non permette, né richiede, una forte pressione: produce un tratto denso, pastoso, dalla trama consistente ed assolutamente regolare, uniforme, priva di chiaro-scuro. E’ la scelta di chi punta sull’effetto estetico, su chi ama riflettere se stesso sulla pagina come su di uno specchio, rimanendo ad una comunicazione superficiale. Se comunque, il pennarello dovesse avere la punta sottile, saremmo di fronte a persone autonome, più mentali che sensoriali, che badano all
Non riflettiamo mai su cosa usiamo per scrivere, forse perché ci è ormai estremamente familiare l'uso della biro, però non sempre le cose sono così "semplici". Per molti di noi, usare una stilografica, una penna a sfera, piuttosto che un pennarello o, addirittura, una matita, non è la stessa cosa. E non per pure ragioni estetiche! Se c’è chi da un lato, sceglie una bella carta ed una bella penna per scrivere e chi, dall’altro, non dà alcun significato a questi elementi, sicuramente è perché esiste un motivo, un’esigenza profonda , che non sempre chi scrive riesce ad individuare. In realtà la scrittura è una nostra proiezione, quindi noi rispondiamo non solo di ciò che scriviamo (contenutisticamente parlando), ma anche di come lo facciamo, sia verso di noi (il nostro cervello rielabora l’immagine dello scritto che realizziamo facendoci provare una sensazione più o meno positiva), sia verso gli altri. Psicologicamente chi ama utilizzare la penna stilografica apprezza la differenziazione della pressione, la modulazione del tracciato, che la stessa consente. Oltre ad un risultato estetico rilevante, si tratta di inquadrare anche un elemento emozionale molto forte, perché l’irregolarità del chiaro-scuro dell’inchiostro, rivela la vibrazione interiore, lo stato d’animo, la tensione, l’abbandono, la fatica … chi verga i suoi scritti con la stilografica, è aperto verso la sua affettività, non ha paura di entrare in contatto con essa, ma anzi, gli riserva uno spazio importante, e la trasmette agli altri. Chi preferisce la penna a sfera invece, tende a velare tutta una serie di implicazioni e di sfumature emotive: tende a privilegiare l’azione, la praticità e l’efficienza, piuttosto l’affettività. Del resto la penna a sfera è stata creata con questo scopo ed è anche vero che ad oggi, è forse lo strumento più utilizzato per la scrittura, vista la sua praticità (quindi psicologicamente il profilo di quanti utilizzano questo strumento, è evidentemente traviato dagli usi attuali, se è vero che ogni tempo ha il suo strumento scrittorio!). Il pennarello solitamente viene ricondotto ai bambini e non si pensa che molti lo scelgono invece per la scrittura. Essendo dotato di una punta in fibra, non permette, né richiede, una forte pressione: produce un tratto denso, pastoso, dalla trama consistente ed assolutamente regolare, uniforme, priva di chiaro-scuro. E’ la scelta di chi punta sull’effetto estetico, su chi ama riflettere se stesso sulla pagina come su di uno specchio, rimanendo ad una comunicazione superficiale. Se comunque, il pennarello dovesse avere la punta sottile, saremmo di fronte a persone autonome, più mentali che sensoriali, che badano all’essenziale e non desiderano eccessivi coinvolgimenti personali. Insomma il pennarello è uno strumento che permette di scivolare sul foglio senza modulare la pressione, rimanendo per così dire in superficie, ma lasciando comunque una traccia nitida e sufficientemente incisiva. Ci sono poi alcune persone che amano scrivere a matita, solitamente con una mina tenera. La matita non ha l’elasticità della stilografica, ma è duttile e morbida, si sceglie solitamente per la sua delicatezza e per essere uno strumento mai definitivo. La prediligono i temperamenti versatili, sensibili, talvolta un po’ sfuggenti, a disagio nei confronti delle scelte troppo nette e delle responsabilità troppo gravose.
’essenziale e non desiderano eccessivi coinvolgimenti personali. Insomma il pennarello è uno strumento che permette di scivolare sul foglio senza modulare la pressione, rimanendo per così dire in superficie, ma lasciando comunque una traccia nitida e sufficientemente incisiva.
Ci sono poi alcune persone che amano scrivere a matita, solitamente con una mina tenera. La matita non ha l’elasticità della stilografica, ma è duttile e morbida, si sceglie solitamente per la sua delicatezza e per essere uno strumento mai definitivo. La prediligono i temperamenti versatili, sensibili, talvolta un po’ sfuggenti, a disagio nei confronti delle scelte troppo nette e delle responsabilità troppo gravose.

- Grafologia ed etnie - Il Devanagari

Occhi chiusi, concentrazione, respiro profondo, bene… a questo punto dovremmo dire Aum (ॐ), che noi occidentali conosciamo meglio come Om. Questo è il suono primordiale, sintesi di ogni preghiera, rituale o formula sacra. È la vibrazione divina primitiva (Pranava), fusione di tutta la natura nella Verità Ultima. Utilizzato come prefisso (e talvolta come suffisso) nei mantra e in quasi tutte le preghiere della tradizione induista.
La cultura induista, presenta tanti elementi religiosi che “impregnano” letteralmente la vita quotidiana.

Dal concetto del “Dio multiforme” → “Dio senza forme” (poiché con il temine Dio, nella cultura indù, ci si può riferire tanto alla totalità del Divino quanto ai Suoi singoli aspetti, si può considerare il Creatore come un Grande Architetto Dell’Universo); passando per il concetto del “Ciclo della vita” (gli Induisti credono nella reincarnazione); attraversando i “Quattro stadi” (Il brâhmâcârya: il giovane - Il grihastha: l’adulto - Il vânaprasthya: colui che “parte” per la meditazione - Il samnyâsa: l’anziano); conoscendo i “Quattro scopi” della vita (Artha o la ricchezza - Kâma o il piacere - Dharma o il dovere - Moksha o la liberazione), ma ne potremmo citare a iosa... ci troviamo di fronte ad una cultura complessa, fortemente mistica, simbolica ed esoterica...

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- Grafologia ed etnie - L'Etiope

Se fosse un colore, penserei ai toni caldi dell'arancione; se fosse una sensazione, penserei alla nostalgia struggente del "mal d'Africa"; se fosse un mito, penserei all'inetto re Etiope Cefeo, alla vanitosa regina Cassiopea (dalla smisurata vanagloria) e alla figlia Andromeda, salvata dal valoroso Perseo.
Più di tutto però, per parlare dell'Etiopia, inizierei dalla leggenda della nascita del Regno di Axum, che viene fatta risalire alla regina di Saba (da cui discenderebbe la dinastia reale), che in seguito ad un rapporto con Salomone, avrebbe generato Menelik. Il re ebreo avrebbe poi unificato le popolazioni dell'Etiopia settentrionale, costituendo il regno di Axum, assumendo il titolo imperiale di Negus Neghesti, re dei re.

L'Etiopia è il piu antico paese indipendente del continente africano, è una terra di una bellezza stupefacente, che ha da sempre attratto turisti e viaggiatori per la ricchezza della sua cultura....

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leggende
Andromeda mitica figlia dell'inetto re Etiope Cefeo e della vanitosa regina Cassiopea, dalla smisurata vanagloria. Le disgrazie di Andromeda cominciarono il giorno in cui sua madre sostenne di essere più bella persino delle Nereidi, un gruppo di seducenti ninfe marine. Le Nereidi offese decisero che la vanità di Cassiopea aveva decisamente superato i limiti e chiesero a Poseidone, il dio del mare, di darle una lezione. Per punizione Poseidone mandò un mostro terribile (alcuni dicono anche un inondazione) a razziare le coste del territorio del re Cefeo. Sbigottito per le devastazioni, con i sudditi che reclamavano una sua reazione, l'assediato Cefeo si rivolse all'oracolo Ammone per trovare una via d'uscita. Gli fu detto che per quietare il mostro doveva sacrificare la sua figlia vergine. Ecco che allora l'innocente Andromeda fu incatenata a una costa rocciosa per espiare le colpe della madre, che dalla riva guardava in preda al rimorso. Secondo la leggenda questo evento si verificò sulle coste del Mediterraneo a Joppa (Jaffa) la moderna Tel Aviv. Mentre Andromeda se ne stava incatenata alla rupe battuta dalle onde pallida di terrore e in lacrime per la fine imminente, l'eroe Perseo, fresco dell'impresa della decapitazione di Medusa la Gorgone, capitò da quelle parti. Il suo cuore fu rapito alla vista di quella fragile bellezza in preda all'angoscia. Perseo le chiese come si chiamava e perché era incatenata lì. Andromeda, completamente diversa dalla sua vanitosa madre in un primo momento, per timidezza neanche gli rispose anche se l'attendeva una morte orribile fra le fauci bavose del mostro, avrebbe preferito per modestia nascondere il viso tra le mani se non le avesse avute incatenate a quella roccia. Perseo continuò a interrogarla alla fine per timore che il suo silenzio potesse essere interpretato come ammissione della sua colpevolezza, gli raccontò la sua storia che interruppe improvvisamente lanciando un urlo di terrore alla vista del mostro che avanzando fra le onde muoveva verso di lei. Un attimo di pausa per chiedere ai genitori di Andromeda di concedergli la mano della fanciulla e Perseo si lanciò contro il mostro lo uccise con la sua spada liberò l'estasiata Andromeda fra gli applausi degli astanti e la fece sua sposa. Più tardi Andromeda gli diede sei figli, compreso Perses progenitore dei Persiani e Gorgofonte, padre di Tindareo re di Sparta. LE ORIGINI DEL REGNO DI AXUM Secondo la leggenda nazionale la dinastia reale etiopica discenderebbe dalla regina di Saba, che in seguito ad un rapporto con Salomone, avrebbe generato Menelik. Il re ebreo avrebbe poi unificato le popolazioni dell'Etiopia settentrionale, costituendo il regno di Axum, e assumendo il titolo imperiale di Negus Neghesti, re dei re.

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