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- Grafologia ed etnie - Il Latino

Potevamo dimenticarci del Latino?!
Se da un lato l'antichità annovera la raffinata Grecia, con la sua arte ed il suo intelletto; dall'altro non si può non menzionare la vitalità e la concretezza propri della "romanità".
Parlando del mondo romano potremmo fare mille richiami e citazioni, sarebbe insomma tutto troppo lungo, per cui direi di passare subito alla scrittura. Il parallelismo della stessa ricorda molto le formazioni militari che tanto hanno reso famoso l'esercito romano. E come l'esercito romano si fece strada tra popoli e territori sconfinati, così fece la scrittura di Roma.
Quella della scrittura latina e quindi quella del suo alfabeto, è una storia che meriterebbe molto spazio, data la grandissima importanza culturale che riveste per l'intero occidente e non, ma per dare l'idea ....

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- Cosa usi per scrivere?

Non riflettiamo mai su cosa usiamo per scrivere, forse perché ci è ormai estremamente familiare l'uso della biro, però non sempre le cose sono così "semplici".
Per molti di noi, usare una stilografica, una penna a sfera, piuttosto che un pennarello o, addirittura, una matita, non è la stessa cosa. E non per pure ragioni estetiche!
Se c’è chi da un lato, sceglie una bella carta ed una bella penna per scrivere e chi, dall’altro, non dà alcun significato a questi elementi, sicuramente è perché esiste un motivo, un’esigenza profonda , che non sempre chi scrive riesce ad individuare.
In realtà la scrittura è una nostra proiezione, quindi noi rispondiamo non solo di ciò che scriviamo (contenutisticamente parlando), ma anche di come lo facciamo, sia verso di noi (il nostro cervello rielabora l’immagine dello scritto che realizziamo facendoci provare una sensazione più o meno positiva), sia verso gli altri.
Psicologicamente chi ama utilizzare la penna stilografica apprezza la differenziazione della pressione, la modulazione del tracciato, che la stessa consente. Oltre ad un risultato estetico rilevante, si tratta di inquadrare anche un elemento emozionale molto forte, perché l’irregolarità del chiaro-scuro dell’inchiostro, rivela la vibrazione interiore, lo stato d’animo, la tensione, l’abbandono, la fatica … chi verga i suoi scritti con la stilografica, è aperto verso la sua affettività, non ha paura di entrare in contatto con essa, ma anzi, gli riserva uno spazio importante, e la trasmette agli altri.
Chi preferisce la penna a sfera invece, tende a velare tutta una serie di implicazioni e di sfumature emotive: tende a privilegiare l’azione, la praticità e l’efficienza, piuttosto l’affettività. Del resto la penna a sfera è stata creata con questo scopo ed è anche vero che ad oggi, è forse lo strumento più utilizzato per la scrittura, vista la sua praticità (quindi psicologicamente il profilo di quanti utilizzano questo strumento, è evidentemente traviato dagli usi attuali, se è vero che ogni tempo ha il suo strumento scrittorio!).
Il pennarello solitamente viene ricondotto ai bambini e non si pensa che molti lo scelgono invece per la scrittura. Essendo dotato di una punta in fibra, non permette, né richiede, una forte pressione: produce un tratto denso, pastoso, dalla trama consistente ed assolutamente regolare, uniforme, priva di chiaro-scuro. E’ la scelta di chi punta sull’effetto estetico, su chi ama riflettere se stesso sulla pagina come su di uno specchio, rimanendo ad una comunicazione superficiale. Se comunque, il pennarello dovesse avere la punta sottile, saremmo di fronte a persone autonome, più mentali che sensoriali, che badano all’essenziale e non desiderano eccessivi coinvolgimenti personali. Insomma il pennarello è uno strumento che permette di scivolare sul foglio senza modulare la pressione, rimanendo per così dire in superficie, ma lasciando comunque una traccia nitida e sufficientemente incisiva.
Ci sono poi alcune persone che amano scrivere a matita, solitamente con una mina tenera. La matita non ha l’elasticità della stilografica, ma è duttile e morbida, si sceglie solitamente per la sua delicatezza e per essere uno strumento mai definitivo. La prediligono i temperamenti versatili, sensibili, talvolta un po’ sfuggenti, a disagio nei confronti delle scelte troppo nette e delle responsabilità troppo gravose.
orse perché ci è ormai estremamente familiare l'uso della biro, però non sempre le cose sono così "semplici".
Per molti di noi, usare una stilografica, una penna a sfera, piuttosto che un pennarello o, addirittura, una matita, non è la stessa cosa. E non per pure ragioni estetiche! Se c’è chi da un lato, sceglie una bella carta ed una bella penna per scrivere e chi, dall’altro, non dà alcun significato a questi elementi, sicuramente è perché esiste un motivo, un’esigenza profonda , che non sempre chi scrive riesce ad individuare.
In realtà la scrittura è una nostra proiezione, quindi noi rispondiamo non solo di ciò che scriviamo (contenutisticamente parlando), ma anche di come lo facciamo, sia verso di noi (il nostro cervello rielabora l’immagine dello scritto che realizziamo facendoci provare una sensazione più o meno positiva), sia verso gli altri.
Psicologicamente chi ama utilizzare la penna stilografica apprezza la differenziazione della pressione, la modulazione del tracciato, che la stessa consente. Oltre ad un risultato estetico rilevante, si tratta di inquadrare anche un elemento emozionale molto forte, perché l’irregolarità del chiaro-scuro dell’inchiostro, rivela la vibrazione interiore, lo stato d’animo, la tensione, l’abbandono, la fatica … chi verga i suoi scritti con la stilografica, è aperto verso la sua affettività, non ha paura di entrare in contatto con essa, ma anzi, gli riserva uno spazio importante, e la trasmette agli altri.
Chi preferisce la penna a sfera invece, tende a velare tutta una serie di implicazioni e di sfumature emotive: tende a privilegiare l’azione, la praticità e l’efficienza, piuttosto l’affettività. Del resto la penna a sfera è stata creata con questo scopo ed è anche vero che ad oggi, è forse lo strumento più utilizzato per la scrittura, vista la sua praticità (quindi psicologicamente il profilo di quanti utilizzano questo strumento, è evidentemente traviato dagli usi attuali, se è vero che ogni tempo ha il suo strumento scrittorio!).
Il pennarello solitamente viene ricondotto ai bambini e non si pensa che molti lo scelgono invece per la scrittura. Essendo dotato di una punta in fibra, non permette, né richiede, una forte pressione: produce un tratto denso, pastoso, dalla trama consistente ed assolutamente regolare, uniforme, priva di chiaro-scuro. E’ la scelta di chi punta sull’effetto estetico, su chi ama riflettere se stesso sulla pagina come su di uno specchio, rimanendo ad una comunicazione superficiale. Se comunque, il pennarello dovesse avere la punta sottile, saremmo di fronte a persone autonome, più mentali che sensoriali, che badano all
Non riflettiamo mai su cosa usiamo per scrivere, forse perché ci è ormai estremamente familiare l'uso della biro, però non sempre le cose sono così "semplici". Per molti di noi, usare una stilografica, una penna a sfera, piuttosto che un pennarello o, addirittura, una matita, non è la stessa cosa. E non per pure ragioni estetiche! Se c’è chi da un lato, sceglie una bella carta ed una bella penna per scrivere e chi, dall’altro, non dà alcun significato a questi elementi, sicuramente è perché esiste un motivo, un’esigenza profonda , che non sempre chi scrive riesce ad individuare. In realtà la scrittura è una nostra proiezione, quindi noi rispondiamo non solo di ciò che scriviamo (contenutisticamente parlando), ma anche di come lo facciamo, sia verso di noi (il nostro cervello rielabora l’immagine dello scritto che realizziamo facendoci provare una sensazione più o meno positiva), sia verso gli altri. Psicologicamente chi ama utilizzare la penna stilografica apprezza la differenziazione della pressione, la modulazione del tracciato, che la stessa consente. Oltre ad un risultato estetico rilevante, si tratta di inquadrare anche un elemento emozionale molto forte, perché l’irregolarità del chiaro-scuro dell’inchiostro, rivela la vibrazione interiore, lo stato d’animo, la tensione, l’abbandono, la fatica … chi verga i suoi scritti con la stilografica, è aperto verso la sua affettività, non ha paura di entrare in contatto con essa, ma anzi, gli riserva uno spazio importante, e la trasmette agli altri. Chi preferisce la penna a sfera invece, tende a velare tutta una serie di implicazioni e di sfumature emotive: tende a privilegiare l’azione, la praticità e l’efficienza, piuttosto l’affettività. Del resto la penna a sfera è stata creata con questo scopo ed è anche vero che ad oggi, è forse lo strumento più utilizzato per la scrittura, vista la sua praticità (quindi psicologicamente il profilo di quanti utilizzano questo strumento, è evidentemente traviato dagli usi attuali, se è vero che ogni tempo ha il suo strumento scrittorio!). Il pennarello solitamente viene ricondotto ai bambini e non si pensa che molti lo scelgono invece per la scrittura. Essendo dotato di una punta in fibra, non permette, né richiede, una forte pressione: produce un tratto denso, pastoso, dalla trama consistente ed assolutamente regolare, uniforme, priva di chiaro-scuro. E’ la scelta di chi punta sull’effetto estetico, su chi ama riflettere se stesso sulla pagina come su di uno specchio, rimanendo ad una comunicazione superficiale. Se comunque, il pennarello dovesse avere la punta sottile, saremmo di fronte a persone autonome, più mentali che sensoriali, che badano all’essenziale e non desiderano eccessivi coinvolgimenti personali. Insomma il pennarello è uno strumento che permette di scivolare sul foglio senza modulare la pressione, rimanendo per così dire in superficie, ma lasciando comunque una traccia nitida e sufficientemente incisiva. Ci sono poi alcune persone che amano scrivere a matita, solitamente con una mina tenera. La matita non ha l’elasticità della stilografica, ma è duttile e morbida, si sceglie solitamente per la sua delicatezza e per essere uno strumento mai definitivo. La prediligono i temperamenti versatili, sensibili, talvolta un po’ sfuggenti, a disagio nei confronti delle scelte troppo nette e delle responsabilità troppo gravose.
’essenziale e non desiderano eccessivi coinvolgimenti personali. Insomma il pennarello è uno strumento che permette di scivolare sul foglio senza modulare la pressione, rimanendo per così dire in superficie, ma lasciando comunque una traccia nitida e sufficientemente incisiva.
Ci sono poi alcune persone che amano scrivere a matita, solitamente con una mina tenera. La matita non ha l’elasticità della stilografica, ma è duttile e morbida, si sceglie solitamente per la sua delicatezza e per essere uno strumento mai definitivo. La prediligono i temperamenti versatili, sensibili, talvolta un po’ sfuggenti, a disagio nei confronti delle scelte troppo nette e delle responsabilità troppo gravose.

- Grafologia ed etnie - Il Devanagari

Occhi chiusi, concentrazione, respiro profondo, bene… a questo punto dovremmo dire Aum (ॐ), che noi occidentali conosciamo meglio come Om. Questo è il suono primordiale, sintesi di ogni preghiera, rituale o formula sacra. È la vibrazione divina primitiva (Pranava), fusione di tutta la natura nella Verità Ultima. Utilizzato come prefisso (e talvolta come suffisso) nei mantra e in quasi tutte le preghiere della tradizione induista.
La cultura induista, presenta tanti elementi religiosi che “impregnano” letteralmente la vita quotidiana.

Dal concetto del “Dio multiforme” → “Dio senza forme” (poiché con il temine Dio, nella cultura indù, ci si può riferire tanto alla totalità del Divino quanto ai Suoi singoli aspetti, si può considerare il Creatore come un Grande Architetto Dell’Universo); passando per il concetto del “Ciclo della vita” (gli Induisti credono nella reincarnazione); attraversando i “Quattro stadi” (Il brâhmâcârya: il giovane - Il grihastha: l’adulto - Il vânaprasthya: colui che “parte” per la meditazione - Il samnyâsa: l’anziano); conoscendo i “Quattro scopi” della vita (Artha o la ricchezza - Kâma o il piacere - Dharma o il dovere - Moksha o la liberazione), ma ne potremmo citare a iosa... ci troviamo di fronte ad una cultura complessa, fortemente mistica, simbolica ed esoterica...

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- Grafologia ed etnie - L'Etiope

Se fosse un colore, penserei ai toni caldi dell'arancione; se fosse una sensazione, penserei alla nostalgia struggente del "mal d'Africa"; se fosse un mito, penserei all'inetto re Etiope Cefeo, alla vanitosa regina Cassiopea (dalla smisurata vanagloria) e alla figlia Andromeda, salvata dal valoroso Perseo.
Più di tutto però, per parlare dell'Etiopia, inizierei dalla leggenda della nascita del Regno di Axum, che viene fatta risalire alla regina di Saba (da cui discenderebbe la dinastia reale), che in seguito ad un rapporto con Salomone, avrebbe generato Menelik. Il re ebreo avrebbe poi unificato le popolazioni dell'Etiopia settentrionale, costituendo il regno di Axum, assumendo il titolo imperiale di Negus Neghesti, re dei re.

L'Etiopia è il piu antico paese indipendente del continente africano, è una terra di una bellezza stupefacente, che ha da sempre attratto turisti e viaggiatori per la ricchezza della sua cultura....

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leggende
Andromeda mitica figlia dell'inetto re Etiope Cefeo e della vanitosa regina Cassiopea, dalla smisurata vanagloria. Le disgrazie di Andromeda cominciarono il giorno in cui sua madre sostenne di essere più bella persino delle Nereidi, un gruppo di seducenti ninfe marine. Le Nereidi offese decisero che la vanità di Cassiopea aveva decisamente superato i limiti e chiesero a Poseidone, il dio del mare, di darle una lezione. Per punizione Poseidone mandò un mostro terribile (alcuni dicono anche un inondazione) a razziare le coste del territorio del re Cefeo. Sbigottito per le devastazioni, con i sudditi che reclamavano una sua reazione, l'assediato Cefeo si rivolse all'oracolo Ammone per trovare una via d'uscita. Gli fu detto che per quietare il mostro doveva sacrificare la sua figlia vergine. Ecco che allora l'innocente Andromeda fu incatenata a una costa rocciosa per espiare le colpe della madre, che dalla riva guardava in preda al rimorso. Secondo la leggenda questo evento si verificò sulle coste del Mediterraneo a Joppa (Jaffa) la moderna Tel Aviv. Mentre Andromeda se ne stava incatenata alla rupe battuta dalle onde pallida di terrore e in lacrime per la fine imminente, l'eroe Perseo, fresco dell'impresa della decapitazione di Medusa la Gorgone, capitò da quelle parti. Il suo cuore fu rapito alla vista di quella fragile bellezza in preda all'angoscia. Perseo le chiese come si chiamava e perché era incatenata lì. Andromeda, completamente diversa dalla sua vanitosa madre in un primo momento, per timidezza neanche gli rispose anche se l'attendeva una morte orribile fra le fauci bavose del mostro, avrebbe preferito per modestia nascondere il viso tra le mani se non le avesse avute incatenate a quella roccia. Perseo continuò a interrogarla alla fine per timore che il suo silenzio potesse essere interpretato come ammissione della sua colpevolezza, gli raccontò la sua storia che interruppe improvvisamente lanciando un urlo di terrore alla vista del mostro che avanzando fra le onde muoveva verso di lei. Un attimo di pausa per chiedere ai genitori di Andromeda di concedergli la mano della fanciulla e Perseo si lanciò contro il mostro lo uccise con la sua spada liberò l'estasiata Andromeda fra gli applausi degli astanti e la fece sua sposa. Più tardi Andromeda gli diede sei figli, compreso Perses progenitore dei Persiani e Gorgofonte, padre di Tindareo re di Sparta. LE ORIGINI DEL REGNO DI AXUM Secondo la leggenda nazionale la dinastia reale etiopica discenderebbe dalla regina di Saba, che in seguito ad un rapporto con Salomone, avrebbe generato Menelik. Il re ebreo avrebbe poi unificato le popolazioni dell'Etiopia settentrionale, costituendo il regno di Axum, e assumendo il titolo imperiale di Negus Neghesti, re dei re.

- Grafologia ed etnie - Il Greco


Sarebbe arduo cercare di racchiudere in poche righe, la storia immensa dei greci, quindi ho deciso di fare una piccola introduzione storica, parlando di un personaggio mitologico che mi ha sempre molto affascinata: Νέμεσις. Nemesi (per i più, figlia della Notte e dell'Erebo) era una dea molto bella (tanto che viene raffigurata con caratteristiche simili ad Afrodite ed a Temi) di cui Zeus si era follemente innamorato, ma che rifiutava costantemente i fovori che lui le accordava (per motivi ovvi). Cercando di sfuggirgli, si trasformò in un'oca selvatica, ma Zeus, trasformatosi in un cigno, la raggiunse a Ramnunte. Lì Nemesi depose un uovo, che abbandonò subito. Un pastore lo scoprì e lo portò a Leda regina di Sparta.

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- Grafologia ed etnie - Il Tibetano

Il "nodo infinito": simbolo classico del modo in cui tutti i fenomeni sono interdipendenti tra loro. Non avendo né inizio né fine, simboleggia anche l’infinita conoscenza e saggezza. Il "fior di loto": simbolo di purezza in quanto, benché affondi le sue radici nel fango degli stagni, produce candidi fiori al di sopra dell’acqua. Rappresenta quindi la purezza, particolarmente quella spirituale.
Sono solo alcuni, tra i più noti simboli (di buon auspicio), che ci fanno capire come quella tibetana sia una cultura non solo antica, ma profonda e piena di significati che vengono veicolati anche tramite una complessa simbologia.
Questo ha avuto, evidentemente, un riflesso consistente anche nel linguaggio scritto tibetano, che ha delle forti peculiarità. Prima però di addentrarci nel significato grafologico del tibetano, è d'obbligo un breve excursus storico, sulla nascita di questa particolarissima lingua scritta....

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- Grafologia ed etnie - L'Ebraico


Menorah, Kippah... ancora nulla ci sovviene, ma forse se dico Stella di Davide, diaspora, terra del latte e miele... subito la mente accomuna queste parole all'ebraismo (senza dover necessariamente richiamare immagini ben più conosciute ma scontate).

L'ebraico affonda le sue radici nella lingua dei Fenici che, grazie alla loro abilità di navigatori e mercanti, imposero la loro lingua, come la lingua commerciale di tutto il Mediterraneo antico (grazie soprattutto alla facilità con cui poteva essere scritta e letta). ...

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- Grafologia ed etnie - Il Cinese

Cina: lanterne rosse, bacchette, tanto riso e un magnifico dragone. Sono solo alcune delle immagini che associamo a questo enorme paese, che ha una cultura millenaria e vanta delle grandi particolarità anche rispetto alla storia della sua scrittura.

Sicuramente si tratta di una delle lingue più antiche, tant'è che ne troviamo traccia già 6.000 anni fa. Si tratta di una lingua che ha avuto grandi mutamenti, si è passati da disegnare (pittogramma), all'ideare (ideogramma), dai concetti concreti anche a quelli astratti, quindi. Fu poi la scoperta e l'uso di carta e pennello che la scrittura cinese riuscì ad essere codificata, già dai primi secoli dopo Cristo, quando, per motivi politico/amministrativi, la Cina imporrà a tutti i sudditi (quelli in grado di leggere e scrivere ovviamente), di utilizzare una scrittura comune (che è poi quella arrivata fino ai nostri giorni). ....



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我爱你

- Grafologia ed etnie - Il Cirillico

Quando sentiamo parlare di cirillico, la mente di molti, spesso, tende ad agganciare a questo termine immagini particolari, di terre fredde, di tundra, di popolazioni dalle pelli pallidissime e al contempo statuarie, fiere, col "petto in fuori".
Effettivamente la storia delle popolazioni slave è immensa, come immensa ed interessantissima ne è la cultura. Poteva essere diverso per la scrittura?!

La storia della sua nascita è quasi leggendaria, la tesi più accreditata, la fa risalire all'esigenza che ebbe il principato di Kiev, di riunificare la popolazione russa, partendo proprio dalla lingua/religione. Sarebbe quindi stato affidato a due fratelli (uomini di chiesa), Metodio e Costantino (poi divenuto Cirillo, da cui il nome dell'alfabeto), il compito di unificare questo enorme popolo che aveva due differenti anime:
- la occidentale che scriveva in greco - la slava che si esprimeva con l’antica scrittura glagolitica...

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Я тебя люблю

- Grafologia ed etnie - L'Arabo

Iniziamo il nostro viaggio fra le diverse scritture, partendo dalla lingua araba. Cercheremo così di dare una spiegazione a quanto affermava il Pulver, quando diceva che "...l'uomo scrivendo descrive se stesso...". Volendo dare un'interpretazione estensiva alla sua affermazione, è evidente che ognuno di noi quando si "descrive", mette in luce anche aspetti derivanti dalla cultura e dall'etnia di appartenenza.

La scrittura araba deriva dall’antico alfabeto aramaico ed è uno dei tre moderni alfabeti semitici (insieme all’ebraico e al siriano). Diffusa anche fuori dei paesi arabi (in Iran, Afghanistan e Pakistan) questa lingua oggi è parlata e scritta da più di 200 milioni di persone e include oltre 30 varietà linguistiche (egiziano, algerino, marocchino, ecc.).
Scrivere correttamente in arabo, significa necessariamente dover possedere un dinamismo grafico (che mette in luce un ampio grado di vivacità mentale e fisica) che ha bisogno di mano ferma e sicura, dotata di una grande qualità del tracciato....

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- Il triangolo no... non lo avevo considerato!!!

Parlando di Grafologia si è portati a far riferimento oltre che ai segni, anche ad altri concetti quali: pressione, velocità e spazio.
Non ci facciamo caso più di tanto, ma quando scriviamo questi tre elementi si combinano sempre tra loro e si influenzano reciprocamente. In realtà questo accade, perchè quando si scrive si utilizzano queste tre forze, miscelandole tra loro; la nostra mano è capace di imprimere un'energia nello scritto, che nella sua totalità è data dalla somma delle tre forze menzionate sopra.
Volendo fare un esempio estremamente semplicistico e per assurdo rapportando tutto ai numeri, potremmo dire che se la nostra mano è in grado di sprigionare una forza pari a 10, questo 10 sarà composto per esempio da 3 di pressione, 3 di velocità e 4 di spazio. E' ovvio che cambiando ad esempio la pressione e portandola a 6, anche la velocità e lo spazio cambieranno, diminuendo a 2 (per esempio).

Da qui si deducono due cose fondamentali:

• primo che spazio, pressione e velocità sono sempre collegate fra di loro;
• secondo che ogni persona è in grado di sprigionare un tot di energia nello scritto, che sarà diversa da individuo a individuo.
(entrambi importanti soprattutto in ambito peritale).

In particolare questo secondo punto è molto interessante, soprattutto nel campo peritale, sia in relazione alle simulazioni che alle dissimulazioni.
La questione è delicata e ci fa ragionare su un fatto e cioè che, se una persona ha un'elevata forza scrittoria sarà in grado di utilizzarla sia al massimo ma anche in gradi più ridotti; mentre se un individuo ha in partenza, una forza limitata, non sarà mai in grado di simulare lo scritto di chi invece ha elevati livelli di energia.
Insomma, per tornare all'esempio numerico di prima, se un soggetto X è in grado di esercitare scrivendo, una forza massima pari a 10, non sarà mai in grado di simulare la scrittura del soggetto Y se quest'ultimo ha una energia scrittoria pari a 30. Mentre il nostro soggetto Y con forza pari a 30, avrà più possibilità di dissimulazione della propria scrittura e sarà benissimo in grado di simulare la scrittura dell'individuo X.

- M/F... cosa dice la scrittura (III parte)

Termino la serie degli articoli "M/F" parlando, doverosamente, dei segni più espressivi della femminilità o dell'Animus che dir si voglia.

I segni più espressivi del femminile sono sicuramenti quelli che indicano la prevalenza di cessione, di adattamento, di espansione del sentimento, di delicatezza, di debole tensione o mancanza di energia (Cessione). Attraverso la "lettura grafologica" possiamo rilevare l'aspetto piuttosto curvilineo del temperamento femminile, in quanto possiedono il segno: 
- Curva perché è simbolo di accoglienza, di poco dinamismo e di lentezza, indice di esagerato adattamento.

Ma caratteristici del temperamento femminile sono anche i segni: 
- Ammanieramento perché le parole iniziano con dei movimenti aggraziati, in genere in forma curvilinea e a conca, più o meno prolungati e filiformi, indice di grazia e distinzione, dell'accoglienza benevola, dell'adulazione e di un narcisistico bisogno di sentirsi ammirato e corteggiato. 
- Aste Concave a Destra per gli assi letterali lunghi che presentano una certa curvilineità con il concavo rivolto verso destra, indice di grazia, di amabilità, di serenità, di dolcezza e di remissività. 
- Attaccata perché le lettere sono collegate tra loro senza distacchi e spazi bianchi, indice di continuità, di fluidità e di tendenza a unirsi e rimanere in unione. 
- Vezzosa Civetteria per l'accuratezza artificiosa (la ricerca calligrafica), per i ricci volutamente esagerati e per la scorrevolezza e vivacità del movimento, indice di vanità, di bisogno di far colpo, di superficialità, di leziosità, di falsità e di narcisismo smanioso di piacere e di richiamare attenzione su se stessi. 
- Filiforme per la sottigliezza dei tratti, indice di elevata sensibilità, di pacatezza, di fragilità, di finezza, di raffinatezza e di delicatezza. 
- Pendente per gli assi letterali piegati verso destra (stile corsivo), indice di seduzione delicata o egocentrica o languida, di bontà dolciastra, e ricerca dell'oggetto con cui stabilire rapporti di tenerezza.

Infine non si puònon citare in relazione al temperamento femminile il: 
- Largo tra Lettere per la distanza tra lettera e lettera, indice di espansione del sentimento, di generosità, di altruismo, di estroversione, ma anche di mancanza di una positiva introversione.

Volendo dare una risposta al quesito principale di questa serie di articoli "M/F... cosa dice la scrittura?", possiamo tranquillamente evidenziare un concetto fondamentale. Oggi la tendenza reattiva della donna alla cultura che esalta le potenzialità del maschio ha comportato, sul piano della parità, il rifiuto di accettare che il suo essere diversa dall'uomo significhi "inferiorità costituzionale" (non si parla di inferiorità nel senso del valore della persona in sè, sia chiaro, ma di differenze del tutto oggettive e naturali). Gli attuali orientamenti della donna quindi, sono quelli di interessi, di obiettivi, di scelte professionali, intellettuali, scientifiche, perfettamente uguali a quelli del maschio e questo atteggiamento ha causato inevitabilmente, inversioni di potenza costituzionale (molto spesso si incontrano esempi di donna più "forte" dell'uomo), complessi di identità con le inversioni dei ruoli (Anima ed Animus si miscelano in maniera strana e inversa a volte con un''indebita accentuazione di Anima nella donna e di Animus nell'uomo).

E' per questo motivo che in grafologia è diventato estremamente difficile stabilire delle differenze sostanziali tra la grafia femminile e quella maschile, tra una grafica concepita da una donna e quella ideata da un uomo. 

I ruoli e le caratteristiche oggi più che mai tendono a confondersi insieme o a sovrapporsi se vogliamo, un po' come in un'eclissi!

- M/F... cosa dice la scrittura? (II parte)

I segni più espressivi del maschile sono quelli in cui prevalgono esageratamente gli indici di reattività, di accentuato dinamismo, di fermezza, di combattività, di spiccata ambizione, di tensione, di resistenza, di smania di dominare, comandare, imporsi, di impulsività, di aggressività (Assalto e Resistenza).

Attraverso la "lettura grafologica" possiamo rilevare il maschile psicologico prevalentemente in determinati segni, tra cui: 

- Acuta per le lettere strette e molto angolose ai vertici inferiori e superiori, indice di shoccante aggressività. 
- Ampollosa per le amplificazioni verticali in forma altezzosa, indice di superiorità, di dominio e di ostentazione, di potenza e di valore. 
- Angolosa per l'evidente angolosità degli angoli nei vertici superiori e inferiori delle lettere e per il suo continuo spezzarsi delle linee, indice di attività, di lotta, di contrasto e di eccessiva difesa di sé e delle proprie istanze. 
- Solenne per le forme letterali sostenute e pompose, per una grande compostezza e accuratezza e per un chiaroscuro evidente, che marca maggiormente i tratti discendenti delle lettere, indice di sostenutezza pomposa ed egocentrica.

Ma possiamo trovare il temperamento maschile anche nei segni: 
- Intozzata 1°modo per i tratti discendenti delle lettere più marcati di quelli ascendenti, quindi per la sua caratteristica distribuzione ritmica del colore (i filetti e i pieni), indice di forza, di azione, di impositività e smania di dominare. 
- Aste rette per gli assi letterali che appaiono retti e senza inflessioni, indice di volontà e decisione e forza di carattere. - Austera per la durezza, la rigidità, la regolarità, il controllo delle forme, indice di austerità e di severità che esclude il sentimento. 
- Dritta per nessuna pendenza degli assi letterali, indice di equilibrio, di rigidità fredda ed orgogliosa e di sostenutezza. 
- Parca per l'essenzialità, assenza di qualsiasi esuberanza grafica o profusione dei tratti, indice di contenutezza e di una forte accentuazione della riflessione e della coscienza. 
- Recisa per i tratti netti, decisi, bruschi, indice di chiarezza, fermezza e di modi stroncanti. 
- Mantiene il Rigo per l'evidente rigidità dell'allineamento delle lettere, indice di irremovibilità, di fermezza, di inflessibilità e di resistenza. 
- Piantata sul Rigo per le forme letterali squadrate e per il suo procedere piuttosto rigido, indice di esattezza, serietà, forza di carattere, chiarezza, ponderazione essenzialità, rigidità, inflessibilità. 
- Grossa per la pesantezza dei tratti, indice di forza fisica, di rudezza, mancanza di agilità.

Il maschile è rintracciabile e ben descritto anche da: 
- Largo tra Parole per l'ampia spaziatura tra parola e parola, indice di quel silenzio, utile a riflettere su ogni concetto e, quindi, segno dell'attività cosciente e critica del pensiero. 
- Lettere Addossate per la ristretta spazieggiatura tra lettera e lettera, indice di scarso respiro, chiusura e di ansia che si chiude e si nega agli altri. 
- Ascendente perché le lettere e le parole si innalzano progressivamente sul rigo di base, indice di euforia, slancio, di distacco dagli altri e di presunzione nel superare (assalire) gli ostacoli.
Aste rette per gli assi letterali che appaiono retti e senza inflessioni, indice di volontà e decisione e forza di carattere. Austera per la durezza, la rigidità, la regolarità, il controllo delle forme, indice di austerità e di severità che esclude il sentimento. Dritta per nessuna pendenza degli assi letterali, indice di equilibrio, di rigidità fredda ed orgogliosa e di sostenutezza. Parca per l'essenzialità, assenza di qualsiasi esuberanza grafica o profusione dei tratti, indice di contenutezza e di una forte accentuazione della riflessione e della coscienza. Recisa per i tratti netti, decisi, bruschi, indice di chiarezza, fermezza e di modi stroncanti.

- M/F... cosa dice la scrittura? (I parte)

Nella psiche umana la componente femminile e quella maschile vengono chiamate da Jung Anima e Animus. Le due realtà coesistono sia nel maschio che nella femmina, anche se in proporzioni diverse. La componente femminile concepisce il nuovo, il pensiero e la creatività, mentre il maschile orienta, ordina e gestisce. Un'accentuazione di una delle due componenti sia del proprio sesso che sotto forma di Anima per gli uomini e di Animus per le donne provoca, nella donna un'indebito livello di coscienza e di autocontrollo (in quanto il maschile è la coscienza e il femminile è l'inconscio) a scapito del sentimento riducendo le capacità di avere emozioni. E viceversa provoca nell'uomo l'irrompere di una emozionalità difficilmente controllabile. La giusta componente di Anima consente all'uomo di esprimere apertura, disponibilità, tenerezza e amorevolezza nei confronti della donna e del figlio; la giusta componente di Animus conferisce alla donna la coscienza di sé, lastabilità, la riflessione, il potere decisionale e organizzativo, che sono qualità tipiche del maschile psicologico.
Anima e Animus vengono rappresentati con immagini o figure tipiche diffuse ovunque e in ogni epoca (Archetìpi): per esempio l'angolo esprime la potenza dell'uomo. L'angolo è una forma intrusiva, combattiva, "spigolosa", che rappresenta la simmetria maschile. In questa figura si evidenziano tutti i connotati di potenza, pesantezza, aggressività attribuiti da millenni all'indole maschile. La posizione eretta simboleggia il "maschio", il procreare, la forza fisica, metaforicamente virile e riproduttiva. Gli archetìpi ci parlano delle immagini appuntite, delle forme lunghe e alte come simbolo del sesso maschile. Inoltre parlano del potere di penetrazione in ogni campo, della forza non solo fisica, ma anche mentale. Il simbolismo maschile è caratterizzato dall'immagine dell'aratro che taglia il terreno, lasciando il campo scanalato e che penetra il suolo dall'alto: sono gli stessi processi compiuti dall'uomo nella sfera sessuale. Infatti, nella mitologia e nella nostra vita onirica la terra è sempre strettamente connessa alla figura femminile.
Le linee curve rappresentano la bellezza della figura femminile: la sinuosità, l'eleganza, la leggerezza, la frivolezza con la quale si muove una fanciulla. La curva rappresenta l'assimetria femminile, è avvolgente, circonda le forme e la realtà. Convenzionalmente la donna è estratta dall'uomo: dei due esseri, essa è "inferiore"; alla sua raffigurazione viene concesso un minor numero di linee; la curvatura comprende due stadi dell'esistenza di una donna: quando riceve il seme della nuova vita umana e quando la crea.
Le azioni di curvare e chinare sono funzionalmente caratteristiche della donna. Essa si piega durante l'inseminazione, all'atto del parto, e ancora, quandonutre e protegge il proprio bambino.
Anche nel camminare la donna si piega, il suo incedere non è uniforme come quello dell'uomo. Essa è più flessibile dell'uomo, sia fisicamente che mentalmente. "oscillare" è tipico del sesso femminile.
Nella grafologia morettiana il carattere é basato su quattro dinamiche universali della psiche: Assalto, Attesa, Resistenza e Cessione. La Cessione rappresenta la psicologia femminile, mentre l'Assalto e la Resistenza fanno parte del maschile psicologico.

- Curva... segno scritto ma anche "mimato"

Ho sempre trovato affascinante la fisiognomica e tutto ciò che il corpo ci fornisce come informazione per conoscere gli altri ma anche per meglio conoscere noi stessi. Leggendo alcuni libri in proposito, mi sono resa conto che ci sono delle parti del nostro corpo che "parlano" esattamente come fa la scrittura, il punto sta solo nell'individuare la chiave di lettura.
Prendiamo, ad esempio, il segno Curva. Da sempre i grafologi morettinani partono da un presupposto, cioè che questo è il segno dell’estroversione e del sentimento, in quanto indica la così detta "tendenza sociale e socializzata". E’ indice del sentimento che ha bisogno di estrinsecarsi, capace di compassione, indica la capacità di accogliere e di adattarsi. Dà la tendenza all’altruismo, inteso come spinta a soddisfare le aspirazioni, le domande, i desideri altrui, se ha l’abilità di eliminare gli ostacoli. Altrimenti si trasforma in semplice cessione, adattamento impersonale, disimpegno, per mancanza di istanze dell’io ben precise da portare avanti e da soddisfare. (Questo ovviamente in senso molto generico, perchè poi si sa che i segni grafologici non sono fissi per cui non è certo detto che le scritture curve siano tutte scritture di altruismo o di cessione e questo perché esistono segni di difesa precauzionale da dover considerare).
Ma quel è la parte del nostro corpo che esplica tutto questo?!
In realtà non c'è una sola zona da dover considerare e comunque vale la regola grafologica della non fissità del significato dei singoli elementi presi in maniera a sè stante. Anche i segni del corpo vanno valutati in modo globale ed evidentemente graduati a seconda dei casi.
Comunque le espressioni corporee che più ci colpiscono per quanto riguarda i "sentimenti" sono sicuramente:
  1. forma della linea del vertice della testa
  2. il colorito del viso
  3. la grandezza dell'iride
  4. simmetria fra parte sinistra e destra del corpo
1) La linea del vertice altro non è che la linea immaginaria che scorre lungo la sutura cranica. Le persone che hanno un vertice arcuato, solitamente hanno una buona sensibilità rispetto all'ambiente che li circonda, alle opinioni e ai sentimenti degli altri.
2) La carnagione delle persone può avere "sfumature" differenti, in particolare ci colpisce spesso il colorito del viso; mentre però l'arrossire all'improvviso altro non è che sintomo di una forte emozione momentanea, il perdurante colore rosso del viso è invece indice di forza, ricchezza di sentimenti ed efficienza. Indice anche del rapporto aperto con gli altri e della passionalità, tanto nell'affetto che nell'ira. Le persona che hanno questo tipo di colorito generalmente sono estranee ai sentimenti "tiepidi" e non amano lascire le cose a metà.
3) Parlando dell'iride forse ci torna alla mente un modo di dire che tradizionalmente viene tramandato (gli occhi specchio dell'anima) che indica come, già da tempi immemori, si era capito che dagli occhi passa l'essenza delle persone, perchè gli occhi non sanno mentire. Comunque, tornando ai tecinicismi, l'iride altro non è che la parte colorata dell'occhio, più è grande e più è considerata bella, in effetti più l'iride è grande, più è segno di sensibilità, capacità di percezione ed espressione emotiva.
4) Generalmente abbiamo tutti una parte del corpo più sviluppata dell'altra e per una strana legge della natura (poichè le fibre nervose motorie si incrociano a livello della decussazione piramidale del midollo allungato), la parte sinistra del corpo è governata dall'emisfero destro del cervello e viceversa. Quando l'emisfero destro del cervello prevale e conseguentemente la parte sinistra del corpo è più sviluppata, particolarmente sviluppati risultano anche i sentimenti, la creatività, il ragionamento globale e l'intuito.

- Ci sono segni e... segni

Uno dei primi scogli che il grafologo si accinge a superare affrontado un'analisi, è quello di dare il giusto significato ai segni che riscontra nella scrittura. Benchè Moretti li abbia definiti in maniera chiara e metodica, gli stessi possono assumere un valore minore o maggiore a seconda del contesto in cui si trovano, questo perchè i segni, benchè autonomi, si condizionano reciprocamente.
Da qui possiamo già capire che ogni segno rintracciabile nello scritto è importante nel determinare la personalità di chi l'ha vergato, ma ognuno ha un peso differnete.
E' per questo motivo che Moretti ha suddiviso i segni in :
  • sostanziali
  • modificanti
  • accidentali
I primi hanno un valore di fondamento e di impostazione della personalità umana. I modificanti hanno per loro natura forza e qulità tali da riuscire a modificare e in qualche caso fare cambiare rotta ai sostanziali. Gli accidentali sono quelli che non riguardano la sostanza dell’io, ma solo i contorni e le cose accessorie.
Esiste un'altra importante classificazione che Moretti fa dei suoi segni, una classificazione importantissima che li vede distinti fra:
  • segni dell'intelligenza
  • segni del sentimento
e questo perchè generalmente ogni segno, nonostante abbia una velenza sia intellettiva che sentimentale, riguarda principalmente o il sentimento (inteso come disposizione affettiva/attiva individuale) o l'intelletto. Concetto da non sottovalutare mai, perchè Moretti ha basato tutto il suo immenso lavoro sul concetto che il sentimento sia predominante nell'individuo. Tanto è vero che indicando come fare un'analisi consiglia di procedere così: "Nel fare un esame grafologico si procede così: prima, di una grafia si trovano fuori i segni che in essa si avverano dando ad essi i gradi secondo la loro intensità. Poi dei sostanziali si segnalano quelli che indicano le disposizioni affettive-attive. E quel segno delle disposizioni affettive-attive che ha il maggior grado è il segno principale e gli altri segni sono o i fautori, o i contrari, o gli indifferenti.”
Insomma il metodo morettiano si basa, sul fatto che la costruzione della personalità viene impostata in base ad un fattore dominante o segno principale che esercita una spinta psichica su tutto l’individuo e su tutti i segni grafologici da cui resta influenzato a sua volta.
E' importante capire poi, come, nonostante sia comunemente ammesso che l’uomo possa regolare i suoi istinti con l’intelligenza e con la volontà, secondo la visione psicologica originale di Moretti, l’essere umano è letteralmente dominato dall’istinto ed è diretto da esso nella sua passione predominante, e la passione predominante non è altro che la radice dell’istinto vitale, sessuale e psichico nel loro risultato unificato.

- Lo spazio e il suo significato

E' stato Pulver ad avere per primo l'intuizione che lo spazio grafico è in realtà portatore di un significato nascosto.
Infatti quando si scrive ci si muove nelle varie direzioni del foglio, in maniera del tutto inconscia, questo perchè i lati del foglio fungono da vettori, cioè da forze che attraggono chi scrive, o meglio la sua psiche, con il potere di modificarne lo stato ed il comportamento.
I simboli di cui Pulver parla sono:
  • Sinistra - l'archetipo madre, l'origine
  • Destra - l'archetipo padre, l'avanti
  • Alto - l'archetipo luce, lo spirito
  • Basso - l'inconscio, l'istinto
quindi nonostante la loro materialità, i bordi del foglio assumono un significato simbolico/evocativo per chi scrive, a seconada che questi sia attratto o rifugga dagli stessi.
Il tipo di attrazione verso una parte del foglio (Alto/Basso - Destra/Sinistra), non è da sottovalutare, in quanto ci consente di verificare immediatamente quale sia il movimento predominante della psiche del soggetto.
Vettore Alto Lo spirito L'immaginzione Il misticismo L'istinto dell'archetipo luce
Vettore Sinistro La madre Il passato L'introversione L'egoismo
IO (relativo al momento grfico, cioè al momento in cui si scrive)
Vettore Destro Il padre L'avanti Gli altri L'estroversione
Vettore Basso L'inconscio - La nutrizione La motricità La sessualità Gli interessi materiali L'istinto dell'archetipo ombra

- Il cervello che scrive

Recenti studi eseguiti su centinaia di persone che, avendo perso l’uso delle mani, hanno dovuto imparare a scrivere con la bocca o con i piedi, hanno dimostrato che ognuna di questi individui presentava la stessa scrittura che aveva quando poteva usare le mani per scrivere. Cosa vuol dire? Bhè semplice... non sono la mano o la bocca a decidere il modo in cui noi scriviamo, ma è il nostro cervello. Quindi quando creiamo qualsiasi movimento grafico, come la scrittura, noi stiamo inconsciamente lasciando l'impronta del nostro cervello, che evidentemente è unica e non cambia al cambiare del "mezzo" con cui è realizzata (mano, bocca o piede che sia).
Ricordiamoci comunque, che una volta imparato a scrivere, il procedimento che usiamo è per la maggior parte di tipo inconscio. Per esempio, se pensiamo a che inclinazione abbia la nostra scrittura, forse non siamo subito in grado di dirlo, è una cosa che non decidiamo consciamente, ma che diventa automatica. Ci sono però anche delle volte in cui decidiamo deliberatamente come scrivere una certa lettera (maiuscole strane, "e" stilizzate ecc.) oppure cambiamo lo stile della nostra firma, fintanto che troviamo quello che ci piace. Quindi scrivere è un'azione sia inconscia che conscia (come guidare, dopo aver imparato), ed entrambe possono essere analizzate con la Grafologia.
Da qui possiamo desumere che esistono tratti della nostra personalità che possiamo cambiare ed altri che sono innati e quindi immutabili. Ma quali?
Possiamo definire la personalità come l’insieme delle caratteristiche personali (sia innate che acquisite) che rendono il comportamento di ogni individuo unico e irripetibile. La personalità sarebbe scomponibile in tre dimensioni:
  • il Temperamento (dimensione relazionale)
  • l’Intelligenza (dimensione cognitiva)
  • il Carattere (dimensione affittivo-emotiva)
Dalla tabella seguente possiamo vedere quali sono i tratti della personalità innati e non modificabili e quelli che invece sono modificabili dall’esperienza e dall’ambiente.

Tratti Innati Tratti modificabili
Intelligenza Abilità
Temperamento Atteggiamento
Attitudine Credenze
Identità Motivazione
Umore

- La firma ovvero l'immagine che diamo di noi

La firma rappresenta come vogliamo apparire agli occhi del mondo, oppure come vorremmo essere, in pratica rappresenta la nostra immagine pubblica. Al contrario, lo scritto rappresenta la nostra immagine privata. Da qui possiamo già capire e riflettere sul perchè molte persone firmino e scrivano in maniera totalmente differente.
Nella realtà tutti notiamo che le persone, compresi noi stessi, possiamo avere comportamenti differenti in pubblico (in mezzo alla gente, al lavoro, a scuola) ed in privato (nelle relazioni, a casa con la famiglia, coma gli amici). Ci sono persone che, per esempio, si sentono a loro agio solo in piccoli gruppi, ma quando si trovano in situazioni sociali come ad una festa, in cui c'è tantissima gente, si sentono insicure. Altri, al contrario, si sentono vivi solo quando si trovano in mezzo alla folla. Altri ancora si sentono a loro agio solo parlando con una persona alla volta. Insomma la varietà di comportamenti e relazioni umane sono veramente tante.
Tutto questo preambolo per dire che la valutazione grafologica della firma deve essere fatta tenendo presente delle regole precise. Idealmente si dovrebbe valutare la firma sempre in rapporto con la scrittura, anche se questo caso ideale capita raramente: spesso si ha a disposizione solo la firma o solo la scrittura.
Avendo però a disposizione sia la firma che il testo, la prima cosa da fare è valutare l’eventuale omogeneità tra i due. Se la firma e la scrittura sono tracciati con lo stesso stile, lo scrivente esprimerà omogeneità tra realtà intima e realtà sociale, cioè riuscirà a proporsi all’esterno così come è nel proprio intimo. Se invece la firma e la scrittura saranno piuttosto diverse, tale diversità rivelerà una personalità che si propone agli altri in maniera diversa dalla realtà interiore per le motivazioni più diverse (non pensiamo e maligniamo subito, che questo sia necessariamente dovuto per una questione di "falsità" o comunque di duplicità del comportamento).

Curiosità - Facciamo qualche esempio 

- La firma poco più grande della scrittura Questa persona ha una buona sicurezza di sè in pubblico. Caso ideale.
- La firma molto più grande della scrittura In questo caso la persona cerca di compensare una sua insicurezza interiore cercando l’attenzione degli altri e mostrandosi più grande, importante o sicuro di sé di quello che è in realtà.
- La firma poco più piccola della scrittura Questa persona non si sente molto a suo agio nelle situazioni pubbliche. Potrebbe anche essere timida o riservata
- La firma molto più piccola della scrittura Questa persona cerca l’attenzione degli altri, ma in un modo non ovvio, insomma sarebbero a suo dire gli altri ad accorgersi di lei.
- La firma sottolineata
In questo caso la persona ha un forte ego che non ha problemi a manifestare, più semplicemente possiamo dire che la persona è estremamente sicura di sè.
- La firma illeggibile
Generalmente rivela desiderio di nascondere qualcosa o di voler mantenere integra la propria riservatezza. Può anche rivelare desiderio di nascondere la nostra vera identità. Comunque è importante distinguere questi eventuali stati psicologici, dalle situazioni in cui semplicemente, l'illeggibilità è dovuta alla fretta. Le persone che per varie ragioni, firmano spesso, lo fanno in fretta e quindi non fanno caso a come appare la loro firma.

- Grafologia > Fisiognomica > Medicina

"C’è una congiunzione tale tra anima e corpo che questo in tutto dipende dall’anima e quella non può fare da sé, o meglio non può non farsi accompagnare dal corpo nelle sue azioni". "...qualunque linguaggio esterno scaturisce dall’interno, come l’acqua dalla fonte... il linguaggio interno è l’espressione dell’idea e contiene in sé l’idea". (Padre Girolamo Moretti)

Uno degli aspetti più interessanti della grafologia è la possibilità di ottenere informazioni inerenti la totalità dell'individuo:
  • dalle fattezze fisiche
  • a interessantissimi dati sulla salute.
La fisicità si esprime nel processo scrittorio con particolare precisione. Padre Girolamo Moretti era in grado di fornire, con l'esame di uno scritto, la descrizione fisica dettagliata dello scrivente. Osservando la "scrittura grossa", ad esempio, Moretti osservava come fosse prodotta da individui dal fisico robusto e pesante; delle "aste curvate in avanti", affermava che sono significative di persone che si presentano dimesse ed hanno lo sguardo buono. La scrittura che "pende in avanti", invece, appartiene a individui con mani grosse, carni molli e zigomi sporgenti; e via dicendo.
Nell'ambito patologico, invece, ci sono stati studi e ricerche molteplici nel tempo e si è potuto osservare, ad esempio, che alcuni disturbi presentano specifici segni grafici.
Per quanto concerne la grafologia applicata alla medicina, Crèpieux-Jamin aveva osservato che i malati di fegato hanno, dieci volte su undici, una scrittura discendente e con i caratteri tipici del temperamento bilioso cioè decisa, angolosa e costante; riscontrò l'andamento discendente nelle scritture dei malati di tubercolosi tanto che l'osservò su quarantuno dei quarantotto scritti di questo tipo di malati.
Analogamente fu individuato come, nei cardiopatici, su diciassette soggetti esaminati, quattordici presentavano il segno grafico discendente. E’ stato osservato che in questi malati, dodici volte su diciassette, la scrittura presenta un segno a cui l'Hermite dà il significato di dolore (è una rottura, una leggera interruzione nelle aste e nelle pance delle lettere). Sempre i cardiopatici, come pure gli asmatici, tracciano punti piuttosto in basso e, con una certa frequenza, tra parole che non li richiedono.

Nell'individuo predisposto all'infarto le lettere sono piuttosto piccole e le aste ritorte. La scrittura nel suo insieme appare tremolante con eccessivi ritocchi.
Più recentemente uno studioso americano, Alfred Kanfer, divulgò i risultati ai quali era giunto dopo approfondite ricerche sulla scrittura dei malati di cancro. Dallo studio di una grande quntità di scritti di persone malate di tumore e raffrontandoli con quelli vergati prima dell'insorgere della malattia, osservò che si evidenziavano significative modifiche della scrittura coincidenti con l'esordio della patologia cancerosa.
I bambini affetti da malattie del sistema nervoso come la balbuzie, ad esempio, frequentemente mostrano una scrittura rovesciata. Gli schizofrenici tracciano le lettere con grande pendenza, il che è significativo di perturbazione nella sfera dell'affettività. Le lettere sono tracciate filiformi e la spaziatura tra le parole è esagerata.
Addirittura la tendenza al suicidio si rileva da una scrittura tesa, pendente, cioè con la direzione assiale delle lettere a destra, e movimentata. Gli individui fobici tracciano le aste, cioè gli allunghi superiori o inferiori delle lettere, con gli apici ritorti e la loro scrittura nell'insieme è rovesciata.
Molti altri studiosi si sono cimentati nel tempo nello studio della grafologia applicata alla medicina. Tra i più conosciuti si ricordano Oscar Del Torre, Léon Vannier, Oreste Speciani, e da questi nomi illustri si comprende, come questo tipo di studio non sia un vezzo dettato da quanlche stramberia personale o da semplice curiosità, ma risulti aver ottenuto risultati seri ed importanti. Si potrebbe pensare ed auspicare un'implementazione ed un incremento di queste ricerche, in modo da poter sviluppare una grafologia preventiva; sarebbe infatti importante riuscire ad individuare i segni di una modifica della scrittura legati proprio all'insorgere di una patologia importante.

- Il nostro cervello e le sue "prassie"

Gli elementi base della nostra scrittura sono i tratti con cui componiamo le lettere. Tecnicamente, possiamo parlare di prassie cioè (molto semplicisticamente) della serie di impulsi che il cervello pone in essere al fine di raggiungere un determinato scopo, che nel nostro caso è quello di permettere dei movimenti coordinati che portino all'esecuzione del tratto. Da qui possiamo dedurre che le lettere non sono altro che un ininterrotto formarsi di tratti, che si susseguono secondo modelli differenti per ognuno.
Gli studi di Saudek hanno portato a verificare che questo infinitesimale "tratteggio" che il nostro cervello permette di compiere alla nostra mano per scrivere, non è costante in quanto si modifica lungo il tracciato, e quindi anche nel tempo:
  • è minimo all'inizio
  • ha un picco di velocità al centro dell'elemento che dobbiamo creare
  • scema alla fine
tutto ciò, perchè il cervello sia in grado di procedere alla successiva prassia.
________________
La lettera è formata da tante prassie, cioè da tanti tratti. Per fare questa lettera, il cervello deve prima idearla, poi deve programmare il movimento e quindi coordinare i vari gesti da compiere rispetto allo spazio grafico. La maniera in cui le forme vengono eseguite, indica quanto il cervello sia creativo o meglio, di quanto la persona abbia una personalità grafica.

- Un tuffo nel Celtiberico

Il celtiberico (detto anche Ispano-celtico) è una lingua ormai estinta, parlata dai Celtiberi nella penisola iberica centrale, prima e durante i primi secoli della dominazione romana. Poco rimane di questo antico linguaggio, che è arrivato fino a noi grazie all'attestazione in alcuni toponimi pre-romani (che sopravvisero abbastanza per essere registrati nei documenti ufficiali), nelle formule usate per i nomi personali (che ci danno qualche indizio sulla grammatica) e in alcune iscrizioni su placche di bronzo e di piombo. Ciò che è rimasto è comunque sufficiente per capire che il Celtiberico era una lingua "mista", cioè a metà fra la una lingua celtica (come il Goidelico) e non (come il Gallico).
Come le altre scritture paleo-ispaniche, l'alfabeto celtiberico si componeva di segni rappresentanti vocali, consonanti e suoni sillabici. Questo tipo di scrittura si diffuse in particolare nella massima parte delle attuali province Guadalajara, Soria, Zaragoza e Teruel, sopravvivendo, durante la dominazione romana, fino a tarda età repubblicana, come ci è testimoniato dai bronzi di Botorrita (località dell'attuale Aragona). Questi ultimi non sono altro che placche bronzee redatte in celtiberico, la cui peculiarità maggiore dal punto di vista linguistico, è legata alla presenza, da un lato dei tratti caratteristici e comuni a tutte le lingue celtiche (la perdita di /p/ a inizio parola, le alterazioni vocaliche, la vocalizzazione in /ri/ della /r/ vocalica, l'esito in sonore delle cosiddette "sonore aspirate" dell'indoeuropeo), ma dall'altro degli elementi esclusivi, interpretati generalmente come arcaismi (le lingue celtiche insulari, quelle di più ampia attestazione, sono tutte infatti cronologicamente di molto posteriori alle continentali).




- L'IO... tante facce di un bellissimo diamante

Secondo la visione di Moretti:


“L’uomo ha un solo cuore, un solo intelletto, una sola volontà, una sola persona, un unico movimento, una sola responsabilità, una unica passione predominante o psiche che presiede a tutto l’essere. Ogni movimento quindi e dello spirito e del fisico non può rimanere impersonale”.



Nonostante Moretti sia nato con impressionanti capacità intuitive, sarà in grado, successivamente e in maniera sofferta, di creare un metodo utilizzabile da chiunque voglia, per arrivvare ad ottenere una visione picologica dell'individuo, partendo da quella che chiama "Passione Predominante".
Secondo Moretti, e la sua grafologia, esiste un delicatissimo gioco tra i vari segni grafologici che ruotano intorno alla passione predominante. L'analisi di personalità risulta, in un certo senso, facilitata, perchè è assodato che un'importante tendenza della psiche non può passare inosservata o fraintesa.


Da un lato quindi l'individuo risulta essere unico perchè ha mille sfaccettature, che si possono rintracciare nelle innumerevoli combinazioni di segni della sua scrittura, (è importante considerare che i segni morettiani non hanno un significato assoluto, in quanto sono, per così dire, graduati e in base al loro grado e alla combinazione con altri segni, assumono un significato differente), e da questo punto di vista queste sfaccettature possono essere paragonate alle impronte digitali, o appunto alle tante facce di un diamante.

Dall'altro lato questa unicità dell'individuo è ancora più rafforzata dal fatto che ognuno di noi ha un suo "marchio di fabbrica" che lo distingue dagli altri, non solo nella esternalizzazione e nella manifestazione del suo io, ma anche e soprattutto nella sua interiorità più profonda... la Passione predominante evidentemente!

- Matrimonio di convenienza?

C'è chi sostiene che l'uso della tecnologia dei computer abbia avuto un impatto importante sulla grafologia, nonostante sia sicuramente recente e tecnicamente differente ripetto a quest'ultima. Ma come il computer potrebbe essere in grado di coadiuvare la grafologia?
Gli aspetti da valutare sono molteplici, da un lato si guarda alla capacità di insegnare più chiaramente la materia con un metodo oggettivo e di fare quindi, analisi più accurate grazie a software specifici, dall'altro si fa riferimento alla possibilità di realizzare migliori ricerche tramite PC.
Bisognerebbe vedere se tutto ciò sia possibile e se sì, eventualmente, come mettere in pratica il connubio PC/Grafologia.

Vediamo un po' più nello specifico i vari punti, iniziando dall'impartire nozioni tramite computer.
Sicuramente si potrebbero trovare numerosi vantaggi dall'uso del PC, gli studenti avrebbero una risposta immediata alle domande, sarebbero in grado di lavorare al proprio ritmo e il computer riuscirebbe a focalizzare il lavoro sulle aree problematiche con maggiore riservatezza, impossibile per l'insegnamento in aula. Chi sostiene questa metodologia di lavoro indica anche degli svantaggi (limitati a mio parere perchè non di carattere tecnico), di tipo prettamente economico, in quanto i costi di utilizzo del software sarebbero enormi, per non parlare dei problemi connessi all'aggiornamento dell'hardware e del software.
Per quanto riguarda l'analisi vera e propria della scrittura, ci sono discordanti opinioni da parte dei grafologi, da un lato c'è chi (a ben ragione, da parte di chi scrive) asserisce che un Pc non è in grado di fare l'attività di un grafologo, ma dall'altro c'è anche chi dice che il Pc può "togliere" una massa di lavoro enorme al grafologo, soprattutto nelle misurazioni. Per la serie, il computer fa il lavoro tecnico ma la valutazione è lasciata al grafologo.

La domanda nasce spontanea, come diceva Lubrano anni addietro, a cosa servirebbero il PC, il software potente, ecc. ecc. se alla fine le conclusioni le tira il Grafologo (com'è giusto che sia)? Un buon grafologo ha bisogno tra le altre cose di fare "amicizia" con lo scritto che ha in mano, lo deve "sentire", studiare, valutare, non è che si mette lì col righello a tirar righe e fare misurazioni millimetriche, sarebbe un lavoro troppo asettico e privo di "sentimento".

Certo, la Grafologia è sentimento, è cuore e pancia e credo che sia per questo che i veri grafologi siano pochi, in particolare per quanto riguarda la parte delle analisi di personlità e di coppia. Il Grafologo in sè dovrebbe avere un sentimento di comprensione ed aiuto nei confronti degli altri, semza comunque, mai sconfinare in ciò che non gli compete.

- Dimmi come scrivi...

... e ti dirò chi sei?!

Caspita, adesso capisco perchè ci includono nella gamma delle varie, chiromanti, cartomanti, fattucchiere. Pensandoci bene il Grafologo con la sfera di cristallo in mano farebbe rabbrividire o ridere a seconda dei casi!


Bisogna però fare chiarezza. Quando si grafologa una scrittura, si usa un metodo preciso (il morettiano per molti grafologi nel mondo) che ha delle precise basi tecnico/scientifiche.
Il grafologo è poco conosciuto è vero, ma quando è un professionista del settore, non "guarda" una grafia per dire qualcosa e sentirsi dire "c'hai preso", tanto meno si metterebbe a chiedere al proprio interlocutore di raccontargli come scrive senza magari nemmeno nè vederlo nè parlarci direttamente, che assurdità! Sarebbe un po' come pretendere che il nostro medico, dopo aver parlato con noi al telefono, ci mandi la ricetta del farmaco che ci occorre senza nemmeno averci visti e visitati.
Vero è che molto spesso, chi si avvicina alla grafologia (e di conseguenza al grafologo) lo fa con aria tra il divertito ed il sospettoso,tra il curioso e la sfida, spesso ci si sente chiedere "daiiiii mi guardiiiii?!" e peggio mi sento se succede in luoghi strani (in relazione alla richiesta ovviamente), magari al bar mentre si beve il cappuccino la mattina. Tornando all'esempio del medico, sarebbe come fermarlo per strada e chiedergli una visitina al volo, magari ai giardinetti o in mezzo alla strada, immaginate l'espressione del poveretto! Hahahahahaha
Insomma, il grafologo è un professionista, chi ne cerca uno, perchè ha necessità di avere delle serie risposte, diffidi delle cose fatte al volo, delle previsioni, delle predizioni, ecc. ecc. E' importante trovare una persona capace, che si sappia immedesimare ma che allo stesso tempo non si proietti in chi ha scritto. Occorre trovare un professionista che conosca quali siano i propri limiti e della materia che tratta, senza sconfinare in ambiti che non gli competono.

Insomma quando scegliete, fatelo bene, perchè la Grafologia non è un gioco!

- La rivincita dei mancini

Iniziamo prima di tutto a vedere cosa vuol dire "mancino", la parola è di derivazione latina nata da manus, che significa mano, e dal suffisso cus, con il quale si indicava il portatore di difetti fisici.
Mancino sarebbe dunque sinonimo di diversità , di handicap, condizione infelice, frutto addirittura, secondo la tradizione ebraica e cristiana, dell'influenza del maligno. Inoltre anche per i musulmani era vietato lavarsi o mangiare utilizzando la mano "impura", ovvero con la sinistra. Vita dura dunque per i mancini guardati con sospetto anche dal mondo scientifico osservati sempre con guardinga circospezione, addirittura in un trattato di psichiatria del 1921 il mancinismo era annoverato fra le patologie rivelatrici di demenza. Negli anni '70 invece il mondo dei ricercatori riteneva che il preferire l'utilizzo della mano sinistra fosse in qualche modo correlato alla dislessia.
Oggi l'atteggimento è decisamente cambiato, si è capito che è importante lasciare al bambino la massima libertà di espressione del movimento, ritenuta indispensabile per l'armonica evoluzione della sua personalità. Personalità che sarà ugualmente espressa nella scrittura di un mancino come in quella di un destrimane. Scrivere, infatti, non impegna solo la nostra mano, ma è il risultato finale di una complessa ed articolata attività del cervello, attività che coinvolge il sistema psichico-affettivo ed emotivo dello scrivente. Nulla cambia quindi nell'espressività del gesto grafico se espresso con la mano destra o con quella sinistra, l'importante è che sia spontaneo (specialmente per una buona attività di analisi grafologica). E' comunque indubbio che i mancini abbiano delle piccole difficoltà in più da dover superare, almeno all'inizio, questo perchè scrivere da sinistra a destra per un mancino vuol dire coprire ciò che scrive con la propria mano e quindi non solo non avere la visione dello scritto (storcendo il foglio in malo modo o ancor peggio assumendo posture assolutamente scorrette) ma anche sporcarsi se non si utilizza una penna adeguata. (A questo proposito inserisco un Articolo (101 KB PDF) interessante che ho trovato sul sito BancaDelleEmozioni).


PICCOLE CURIOSITA'... 
                   


Lo sapevate che esiste la Giornata del mancino?!
Il 13 agosto i mancini di tutto il mondo celebrano una festa dedicata soltanto a loro, la Giornata internazionale dei mancini (Lefthanders Day), organizzata dall’associazione “Lefthanders International” nel 1976, quando nacque l’idea di una ricorrenza che testimoniasse al mondo intero i disagi ed i vantaggi dell’essere mancini. Da quella prima edizione ne sono seguite tante altre in tutto il mondo, anche dopo la chiusura dell’associazione che ha lanciato l’idea.

Ma quanti mancini famosi ci sono?

Ci sono tantissimi mancini famosi che hanno fatto storia e ogni campo ha le sue celebrità. Vediamo un po' chi sono:
In campo medico-scientifico troviamo il noto chirurgo Dogliotti (1897-1966) e Albert Einstein.
In campo cinematografico rappresentano degnamente la categoria Charlie Chaplin, Robert De Niro, Robert Redford, Marylin Monroe, Whoopi Goldberg.
In campo sportivo troviamo personaggi come Mariolino Corso Gigi Riva, i tennisti Rod Lever e Monica Seles. L'arte è egregiamente rappresentata da Leonardo da Vinci, Michelangelo, Raffaello e Pablo Picasso. In campo musicale si annoverano geni del calibro di Ludwig van Beethoven, Bob Dylan, Sergei Rachmaninoff, Maurice Ravel e Ringo Starr.
Per il campo letterario Alberto Moravia è rappresentante dei mancini che hanno reso grande la letteratura non solo italiana ma mondiale.
Non mancano gli esponenti di sangue blu ad arricchire la lunga sfilza di mancini. Fra le "teste coronate" spiccano nomi come: la regina Elisabetta, il principe Carlo e il giovane erede al trono William.
I grandi personaggi della storia annoverano fa le loro fila nomi come: Giovanna D'Arco, Alessandro Magno, Carlo Magno, Giulio Cesare, Napoleone, Truman, Ronald Regan, George Bush padre, Bill Clinton e Fidel Castro.

- Scarabocchio... occhio!

Ci sono varie teorie sullo scarabocchio, alcune positeve, altre meno, comunque quel che è certo è che tutti, più o meno, ci siamo ritrovati a imbrattare, quaderni, blocchi degli appunti, diari e quant'altro, con degli scarabocchi! Vi siete mai chiesti perchè in certe situazioni (alcune più delle altre, quando siamo al telefono per esempio) siamo tentati a scarabocchiare, anzi più che tentati siamo proprio spinti da un impulso inconscio allo scarabocchio?

Lo scarabocchio è un linguaggio oscuro e bizzarro, ma sicuramente denso di significati e di difficile lettura, gesti istintivi ed involontari che lasciamo scorrere in piena libertà con la nostra penna sul foglio e si incomincia ad "imbrattare" dove capita, senza estetismi, senza organizzazione formale o di significato (o almento così sembrerebbe ai più).
Si scarabocchia di tutto: fiorellini, frecce, spirali, casette, facce, stelline, parallelepipedi di svariate forme e simili, alltri anneriscono gli occhielli delle lettere o incorniciano qualche cosa già stampata sul foglio. Ma perchè?

Scarabocchiare aiuterebbe a pensare meglio perché rende il pensiero più fluido, meno concentrato e paradossalmente per questo, più attento. Tutto ciò è stato affermato al termine di un esperimento condotto da ricercatori del reparto scienze cognitive del Medical Research Council della Cambridge University. Addirittura scarabocchiare mentre si ascolta aiuterebbe a ricordare meglio i dettagli, questo perchè creare dei tratti su un foglio con una penna, ad esempio, sarebbe un efficace rimedio alle divagazioni mentali (o sogni ad occhi aperti) derivanti da un ascolto prolungato. Quindi scarabocchiare sarebbe, stando alla ricerca, un rimedio efficace per combattere le divagazioni oniriche di cui spesso cadiamo prede.
 
La varietà degli scarabocchi è ampia e non bene definita, ma come accade per la scrittura può essere decifrata. Lo scarabocchio di per sè porta alcune informazioni fondamentali, tra cui posizione sul foglio, tratto, pressione, curvilineità o meno, ecc. al di là di ciò che viene disegnato. Gli scarabocchi hanno sicuramente un grande fascino, il fascino del misterioso e dell'incomprensibile. Bisogna ricordare che sono pur sempre messaggeri di uno stato momentaneo di chi li realizza. Tanto è vero che si può disegnare di tutto, dal fiorellino, al cuoricino, a cornicette geometriche, ecc. ecc. e poco dopo cambiare improvvisamente soggetto della nostra "opera". C'è poi chi disegna sempre cose diverse, chi invece ripete sempre gli stessi disegni creando una sorta di stereotipia che potrebbe provocare un effetto rassicurante; di solito si disegna qualcosa che si sa fare bene e che diventerà sempre meglio. Insomma scarabocchiare è di tutti e per tutte le età!

Tornerò di nuovo sull'argomento... magari per "svelare" il significato di qualche "formazione" di scarabocchio in particolare. Per il momento ci accontentiamo di sapere che anche lo scarabocchio può essere grafologato tanto più se è realizzato a corredo di una scrittura!

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